Comparirà davanti il giudice monocratico a Foggia il 27 ottobre Donato Marino, responsabile del sinistro costato la vita al nipote e per le lesioni gravi al fratello avvenuto nel 2018 ad Ascoli Satriano,
All'esito dell'udienza preliminare del 31 maggio 2021, in tribunale a Foggia, il Gup, dott. Antonio Sicuranza, ha rinviato a giudizio Donato Marino, 42 anni, nato a Melfi ma residente a Faenza, per i pesanti reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravissime per aver causato la morte del nipote di appena 8 anni, Ivan Marino, di Calitri (Avellino) e il ferimento del fratello Gianfranco, 43 anni, padre del bambino, a causa della terribile uscita di strada con l'auto che guidava e in cui le due vittime erano trasportate. Finalmente il bimbo e il suo papà avranno un po' di giustizia: quella morte infatti, che all'epoca aveva scosso tutti, anche perché il piccolo era spirato dopo quasi sei mesi di agonia, rischiava di restare senza colpevoli se Studio3A-Valore S.p.A. non si fosse opposto energicamente alla richiesta di archiviazione del procedimento penale, ottenendo la riapertura delle indagini e fornendo un contributo decisivo per ristabilire la verità e arrivare al processo: l'imputato dovrà comparire avanti il giudice monocratico di Foggia, dott.ssa Simona Giuliani, il 27 ottobre 2021, alle ore 9.
Il tragico incidente accade il 21 gennaio 2018 ad Ascoli Satriano (FG), in località Borgo Libertà, e si aggiunge a un altro grave lutto per la famiglia Marino, la morte, nelle prime ore della stessa giornata, della nonna di Ivan, anche lei di Calitri, e mamma di Gianfranco e Donato Marino. Il quale alle 20.30, con la compagna e con l'auto di proprietà di quest'ultima, una Volkswagen Golf, da Calitri parte per la stazione di Foggia per prelevare l'ex moglie e sua figlia in vista dei funerali. E chiede a Gianfranco di accompagnarlo: il fratello acconsente e porta anche il figlioletto Ivan, di allora 7 anni (ne avrebbe compiuti 8 il 24 febbraio). Una scelta fatale. Come quella del conducente di imboccare la Strada Provinciale 95 in direzione Candela-Cerignola "che era interdetta al traffico, in violazione delle norme del codice della strada che ne impedivano l'uso" per citare la richiesta del Sostituto Procuratore. Ma la colpa più grave ascritta a Donato Marino, spiega il Pm, è quella, di avere a un certo punto "perso il controllo della macchina che fuoriusciva nella sede stradale finendo la sua corsa in un terreno attiguo", dopo essersi capovolta svariate volte.
La scena che si presenta ai primi soccorritori è terribile: ad avere la peggio sono proprio Ivan e il papà, passeggeri seduti sul lato destro del mezzo, rispettivamente nel sedile posteriore e anteriore. Vengono trasportati in condizioni disperate, in prognosi riservata, al Pronto Soccorso degli "Ospedali Riuniti" di Foggia. Il bambino pareva essersi ripreso, ma poi è peggiorato e l'11 luglio 2018 è spirato. "Decesso dovuto a shock settico in ernia diaframmatica post traumatica (aveva riportato, tra le tante lesioni, la frattura del femore, lacerazioni e contusioni polmonari ed epatiche) e in indissolubile nesso causale con l'incidente" hanno concluso la dott.ssa Raffaella Bisceglia e il dott. Antonello Giuliani, i consulenti tecnici incaricati dalla Procura di redigere la perizia autoptica sul corpicino onde stabilire le cause della morte, escludendo responsabilità da parte dei medici che lo hanno avuto in cura nel corso del suo lungo calvario negli ospedali di Foggia, Potenza e infine al Pausillon di Napoli. Il papà è sopravvissuto, ma, oltre al dolore immenso per aver perso il figlioletto, è rimasto per 40 giorni in Rianimazione, di cui 21 in coma, a causa del trauma cranico e dell'ematoma subdurale la sua vita è stata a lungo appesa a un filo, ha passato mesi in una struttura riabilitativa di Sant'Angelo dei Lombardi per le fratture agli arti, alle costole, cervicali, e gli è residuata un'invalidità permanente di almeno il 50 per cento: oggi fa fatica a camminare e non può più svolgere il suo lavoro di autotrasportatore.
La Procura di Foggia, tramite il dott. Giuseppe Murano, aveva aperto un procedimento penale inizialmente per lesioni stradali gravi, ma a carico di ignoti, in quanto i carabinieri di Ascoli Satriano, intervenuti per i rilievi, al loro arrivo non avevano trovato nessuno nel veicolo, i feriti erano già in fase di trasporto all'ospedale, e il conducente, sentito nell'immediatezza, aveva riferito di non ricordare nulla del sinistro. La sua compagna, in verità, l'unica uscita quasi illesa dall'auto, ai militari aveva subito riferito che al volante c'era Donato Marino, ma questo e altri elementi a suo carico non erano stati ritenuti evidentemente sufficienti dal magistrato. Il fascicolo non era neppure diventato "per omicidio stradale": una settimana prima che Ivan morisse, il Sostituto Procuratore ha formulato la richiesta di archiviazione, "essendo rimasti ignoti gli autori del reato e non appaiono esperibili utilmente altre attività".
I congiunti della vittima a quel punto, per essere assistiti e fare piena luce sui fatti, attraverso i consulenti legali Luigi Cisonna e Sabino De Benedictis, si sono affidati a Studio 3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e all'avvvocato Aldo Fornari, del Foro di Bari. Ed è stata subito presentata un'articolata opposizione alla richiesta di archiviazione, discussa nell'udienza del 13 marzo 2019 dinanzi al Giudice per le Indagini Preliminari, dott. Armando Dello Iacovo, che ha accolto le richieste dei patrocinatori dei familiari del piccolo, restituendo il fascicolo al Pm e disponendo la prosecuzione delle indagini. La morte di un bambino di 8 anni non poteva restare impunita. Un'integrazione istruttoria che ha dato i suoi frutti portando alla definizione delle responsabilità e alla richiesta da parte del dott. Murano del processo per Donato Marino, che è stata riscontrata e ora accolta: un processo da cui il papà, la mamma e i fratelli di Ivan si aspettano che venga ricostruita in maniera puntuale tutta la tragica catena di eventi di quella serata, e di ottenere quindi dai giudici una risposta al loro legittimo desiderio di giustizia