(di Flavia Balestra) Si sente spesso, nel parlato comune, l'espressione “a macchia di leopardo”. O anche, ultimamente applicata curiosamente in politica, la frase “non siamo qui a smacchiare il giaguaro”. Anche se in contesti differenti, entrambi i riferimenti hanno a che fare con la colorazione a macchie del mantello di grossi felini. Le grandi chiazze che colorano il pelo di questi animali hanno da sempre rappresentato un motivo di studio dei ricercatori. Tra i più interessanti quello pubblicato su “The Royal Society” che valuta la possibilità dell'esistenza di un legame tra i modelli di colorazione dei mantelli dei grandi felini e il loro habitat e stile di vita.
I ricercatori hanno lavorato nel team diretto da William Allen, dell'Università di Bristol, ed hanno raccolto in rassegna immagini di altissima qualità che si riferiscono ad oltre 30 specie di grandi felini, inclusi i leopardi. Quindi sono state classificate le caratteristiche delle diverse macchie in base alla complessità, regolarità, dimensioni, frequenza ed anche se fossero striature invece che macchie. Lo studio ha fatto anche registrare una nuova tendenza, tesa a sostituire il raffronto in base a modelli matematici con quelli fondati sulla osservazione delle persone. Vi è stata prevalenza del giudizio umano su quello informatico, perché gli esseri umani sono stati in grado di individuare le somiglianze indipendentemente dalle condizioni di illuminazione delle fotografie, la luminosità finiva per condizionare la classificazione a seconda dei computer. Insomma, l'occhio umano è stato più abile nel cogliere le varie somiglianze.
Esaurita la prima fase dello studio, ovvero la classificazione per tipo di mantello di ciascun felino, la ricerca si è rivolta ad eventuali connessioni tra il tipo di marcatura sul mantello e l'habitat e stile di vita dell'animale. Le scoperte sono state nel senso in cui si immaginava: ossia che, con poche eccezioni, i segni delle macchie rispecchiavano perfettamente l'ambiente naturale in cui si muovevano gli animali e il comportamento che essi avevano in natura. Particolare è una frase che definisce l'essenza dello studio: "L'evoluzione ha generalmente abbinato felini semplici con ambienti dai colori relativamente uniformi, strutturati e illuminati, e felini a motivi geometrici con ambienti pieni di alberi e cespugli e ombre a strisce, puntinate e macchiate di chiazze”.
Pur se questa sembra una conclusione logica, ovvero che i mantelli dei grandi felini corrispondono ai loro ambienti per mimetizzarsi, c'è da dire che non esiste un'abbondanza di ricerche in questo campo. Il punto di partenza è importante, gli stessi ricercatori spiegano che tali metodologie potrebbero essere estese ad altre specie. Significativo il suggerimento in tal senso: "Una sfida per il futuro... è capire quando e dove vengono impiegate particolari soluzioni di mimetizzazione e altri modelli di colorazione".
RIFERIMENTI LETTERALI:
- "Why the leopard got its spots: relating pattern development to ecology in felids” di William L. Allen et al., (2010)
- “New big cat research is spot on” su The Royal Society (2010)