(di Massimiliano D'Uva)
Una giornata al Jersey Shore University Medical Center, due interventi delicatissimi e il senso profondo di dedizione di Francesco Gargano, chirurgo plastico di origini italiane. Tra professionalità, empatia e un'équipe di medici straordinari, si intrecciano le storie di un bambino con craniostenosi e di una bambina in cerca d'aiuto.
Ci sono storie che meritano di essere raccontate e quella vissuta accanto al dottor Francesco Gargano, chirurgo plastico di origini amalfitane, è una di queste. Una settimana fa, mi trovavo a New York per organizzare un nuovo progetto di comunicazione, ospite proprio del professor Gargano, sinonimo di eccellenza nella chirurgia plastica estetica e ricostruttiva.
La sera prima del suo impegnativo intervento su un bambino con craniostenosi metopica, conosciuta anche come trigonocefalia, condividiamo una cena leggera prima di salutarci. Il giorno successivo richiederà energie e concentrazione: l'intervento previsto ha una durata stimata di cinque ore, cui si aggiunge il viaggio in auto da Manhattan al Jersey Shore University Medical Center, a Neptune, New Jersey, che richiederà poco più di un'ora. Mi offro come autista per alleviare in parte lo stress della giornata e fissiamo la sveglia alle 5 del mattino.
Alle prime luci dell'alba, il dottore mi confida un'inattesa emergenza: alle 1 di notte, una chiamata aveva interrotto il suo sonno. Una bambina era caduta su un tavolo di vetro, ferendosi gravemente ai tendini della mano e del polso. Senza assicurazione, senza un padre presente e con la madre che parla solo spagnolo, la piccola sembrava senza speranza di ricevere un trattamento immediato. Il rischio di un trasferimento d'urgenza a Philadelphia incombeva, ma Francesco non ha esitato. Dopo diverse telefonate organizzative, è riuscito a coinvolgere il collega Lawrence Daniels, anche lui già impegnato nell'operazione di craniostenosi. Con un gesto di solidarietà professionale, Daniels ha accettato di eseguire anche il secondo intervento nella stessa giornata.
La partenza da Manhattan è puntuale: alle 5:50, un caffè non propriamente italiano in mano e il primo chiarore dell'alba ci accompagnano lungo l'autostrada. Arriviamo a Neptune poco prima delle 7. Qui, il dottore prende il tempo per incontrare la famiglia del primo paziente, rassicurando i genitori con la calma e la gentilezza che lo contraddistinguono. È un momento toccante, anche per me che sono solo un testimone esterno.
Terminata la visita, ci rechiamo al reparto dove la piccola paziente, con i tendini recisi, aspetta l'intervento. Ed è qui che Francesco Gargano mostra un lato che va oltre la chirurgia: parlando un perfetto spagnolo, riesce a instaurare un rapporto di fiducia con la madre della bambina, alleviandone l'angoscia. La donna, colma di riconoscenza, esprime la sua gratitudine: «Ieri sera mi sono vista abbandonata da tutti. Ho pregato Dio in un momento di grande sconforto, e oggi vedo che ha ascoltato le mie preghiere. Dottor Gargano, pregherò per lei affinché guidi le sue mani». Parole che toccano profondamente il dottore, la cui fede, alimentata sin dai suoi anni universitari e dall'incontro con Madre Teresa di Calcutta, resta una guida fondamentale nel suo percorso, umano e professionale. In risposta, chiede alla madre di pregare per suo padre, Antonio, recentemente scomparso.
L'impegno e l'abnegazione del dottor Gargano e del suo collega Lawrence Daniels rappresentano una delle colonne portanti del Jersey Shore University Medical Center, recentemente riconosciuto come miglior ospedale pediatrico del New Jersey. La giornata si conclude oltre le 19:30, ma ci attende ancora il viaggio di ritorno. Due famiglie possono ora tirare un sospiro di sollievo, portando con sé il ricordo di un'esperienza che, nel dolore, ha rivelato il volto più umano e solidale della medicina.
Per la cronaca, arrivati a New York verso le 21, prima del meritato riposo, abbiamo festeggiato i due interventi perfettamente riusciti con una buona cena italiana e una piacevole passeggiata su Sutton Place Park, una sorta di lungofiume affacciato sul meraviglioso skyline della città che non dorme mai, utilizzando le ultime energie per un selfie che immortala questa incredibile giornata.