
"Bisogna avere fame e sete di giustizia, perché senza questa necessità la società perderebbe la propria umanità diventando bestie senza compassione. E sono delle bestie. Si, sono delle bestie coloro che hanno ridotto quel giovane in quelle condizioni”. Così definisce il procuratore della Repubblica di Avellino, Domenico Airoma, gli aggressori del ventenne di Cesinali pestato a sangue un mese fa (sono ancora in corso le indagini per quel terribile episodio che ha scosso la comunità di Cesinali) e abbandonato privo di sensi nella periferia del paese. “Sono delle bestie”, ha ripetuto Airoma più di una volta dal palco del Teatro d'Europa. E lo ha fatto parlando a una folta platea, nella quale sedeva anche Mario, il ragazzo vigliaccamente picchiato accompagnato dal papà e dalla sorella. Il procuratore e don Maurizio Patriciello, parroco-coraggio di Caivano, hanno parlato di legalità, giustizia e speranza. Un incontro promosso dal parroco di Cesinali, don Vittorio Ferrara, in collaborazione con il sindaco Dario Fiore, moderato dal professore Adriano Maffeo, della Federico II di Napoli. In sala anche il prefetto Rossana Riflesso, il comandante provinciale dei carabinieri Domenico Albanese, rappresentanti della Questura e i sindaci dell’Alta Valle del Sabato. Don Maurizio Patriciello, al pari di Airoma, è stato tranchant nei confronti degli aggressori del ragazzo: “Sono soggetti al pari di Totò Riina”. “Il problema sta nei modelli - riprende il procuratore di Avellino - gli aggressori del ragazzo hanno modelli sbagliati. Il problema è che tipo di modelli noi diamo a questi giovani. Non me la prendo con i ragazzi. È una comunità incapace di trasmettere valori, che pensa ad altro. Pensa che il successo debba essere ricercato in altro modo. Ecco noi raccogliamo ciò che seminiamo. I frutti si vedono nel bene e nel male. Questo è un frutto perverso. È importante che la comunità reagisca. Purtroppo occorrono questi fatti per reagire. Sono degli shock, mi spiace dirlo, salutari, che ti mettono dinanzi alla malattia dalla quale sei affetto. Quindi, è importante rendersi conto che la nostra è una società purtroppo malata, rispetto alla quale bisogna avviare un percorso di terapia per cercare di guarire”. E ancora: “Bisogna avere fame e sete di giustizia, perché senza questa necessità la società perderebbe la propria umanità diventando bestie senza compassione”. Don Patriciello sottolinea che "la violenza riguarda tutti i ceti sociali, trasversalmente" e che, purtroppo, “non sappiamo più indignarci di fronte al male”. Il sacerdote ha esaltato la nutrita presenza di ragazzi in platea, invitandoli a essere in prima fila sia in sala sia nella vita di tutti i giorni. Il mondo giovanile con i social è diventato qualcosa di terribile. Dobbiamo fare attenzione tutti. È un mondo che noi conosci troppo poco", conclude don Patriciello.
